È tra i motivi più frequenti di discussione all'interno di ogni condominio. Specialmente quando diventa causa di docce non volute per ignari passanti e inquilini dei piani inferiori. Stiamo parlando, lo avrete intuito, di un'azione compiuta da tutti: quella di innaffiare i vasi nel proprio balcone. Un'operazione che spesso provoca malumori, quando non vere e proprie liti, tra i condomini. Del resto, non sarà un caso se il termine “stillicidio”, che indica la caduta lenta e prolungata dell'acqua, abbia col tempo assunto anche il significato figurato di atteggiamento continuo e insistente che arreca un certo fastidio.
Non vi stupirà, quindi, scoprire che sono davvero tanti i condomini che ci pongono la stessa domanda: quando posso innaffiare le piante nel mio balcone secondo la legge? A stabilirlo, in genere, è il regolamento condominiale che precisa gli orari in cui è concesso effettuare quella comune ma problematica operazione. Se però avete già spulciato ogni singola pagina senza trovare nulla in proposito significa che vi resta una sola strada da percorrere: quella di discutere della questione alla prossima assemblea condominiale per stabilire orari e modalità.
C'è poi un'ulteriore questione da tener presente: a prescindere dalle lancette dell'orologio è sempre opportuno agire rispettando le basilari norme del quieto vivere. Per intenderci, dare acqua alle proprie piante ricreando le cascate del Niagara nel balcone dell'inquilino di sotto non sarà mai consentito. Con buona pace di qualunque regolamento condominiale. A stabilirlo è stata addirittura la Cassazione.
In primo grado, il Tribunale di Roma, chiamato a dirimere una controversia legata al gocciolamento molesto di acqua, aveva riconosciuto un condomino dal pollice verde responsabile di aver imbrattato il balcone sottostante. Lo aveva quindi condannato per il reato contravvenzionale individuato dal codice penale all'articolo 674: “Getto di cose pericolose”. La pena prevista? Un'ammenda fino a 206 euro quando non addirittura l'arresto fino a un mese. Nulla di piacevole, insomma. L'appello, prima, e la Cassazione, poi, hanno confermato quella condanna. Di più: il 10 aprile 2014 con la sentenza numero 15956 i giudici della Corte suprema hanno non soltanto ribadito quanto precedentemente stabilito ma anche imposto al poco accorto inquilino l'obbligo di versare 1.000 euro allo Stato.