Impianto di riscaldamento: Contabilizzare o Distaccarsi?

Le normative europee tendono al risparmio energetico, quindi la propensione sarebbe quella di centralizzare gli impianti e non distaccare. Però per capire cosa è opportuno scegliere è fondamentale capire di cosa si sta parlando. 

CONTABILIZZAZIONE 

Breve excursus storico:

 D.P.R. 2 aprile 2009, n. 59 (Regolamento di attuazione dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, concernente l’attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia).

Art. 4 punto 9: In tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4, […] è preferibile il mantenimento di impianti termici centralizzati laddove esistenti.

Art. 4 punto 10: In tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4, […] in caso di ristrutturazione dell'impianto termico o di installazione dell'impianto termico devono essere realizzati gli interventi necessari per permettere, ove tecnicamente possibile, la contabilizzazione e la termoregolazione del calore per singola unità abitativa.

  D.lgs. 4 luglio 2014, n. 102 (Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica)

Punto 5: […] per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi individuali e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi di ciascun centro di consumo individuale:

b) nei condomini riforniti da una fonte di riscaldamento o raffreddamento centralizzata o da una rete di teleriscaldamento o da un sistema di fornitura centralizzato che alimenta una pluralità di edifici, è obbligatoria l’installazione entro il 31 dicembre 2016 da parte delle imprese di fornitura del servizio di contatori individuali per misurare l’effettivo consumo di calore o di raffreddamento o di acqua calda per ciascuna unità immobiliare, nella misura in cui sia tecnicamente possibile, efficiente in termini di costi e proporzionato rispetto ai risparmi energetici potenziali.

c) nei casi in cui l’uso di contatori individuali non sia tecnicamente possibile o non sia efficiente in termini di costi, per la misura del riscaldamento si ricorre all’installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali per misurare il consumo di calore in corrispondenza a ciascun radiatore posto all’interno delle unità immobiliari dei condomini, con esclusione di quelli situati negli spazi comuni degli edifici, salvo che l’installazione di tali sistemi risulti essere non efficiente in termini di costi.

Il cliente finale può affidare la gestione del servizio di termoregolazione e contabilizzazione del calore ad altro operatore diverso dall’impresa di fornitura, secondo modalità stabilite dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ferma restando la necessità di garantire la continuità nella misurazione del dato;

È fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all’installazione dei dispositivi di cui al presente comma, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà.

Imponendo il legislatore la contabilizzazione e termo regolazione del calore, i condomini oltre a dover sostenere i costi per l’installazione di valvole su ogni corpo radiante all’interno dell’appartamento, si sono trovati davanti anche agli obblighi dettati dalla norma UNI 10200.

Per una ripartizione delle spese di riscaldamento corretta la normativa tecnica di riferimento è la UNI 10200 dal titolo “Impianti termici centralizzati di climatizzazione invernale ed acqua calda sanitaria – Criteri di ripartizione delle spese di climatizzazione ed acqua calda sanitaria“.

 

La norma fornisce i principi e le indicazioni per la ripartizione delle spese di riscaldamento (climatizzazione invernale) e per la produzione di acqua calda sanitaria, nei condomini serviti da impianto termico centralizzato o da impianto di teleriscaldamento dotati di sistemi per la termoregolazione e contabilizzazione del calore.

La norma definisce la metodologia di calcolo e le procedure per la ripartizione delle spese di riscaldamento in proporzione ai consumi volontari e involontari (perdite del sistema) di energia termica delle singole unità immobiliari del condominio.

 

La UNI 10200 definisce 2 tipologie di consumo:

·          consumo di calore volontario

·          consumo di calore involontario

Il consumo del calore volontario corrisponde al calore che effettivamente viene utilizzato dal condomino per sua propria scelta avendo a disposizione un sistema di regolazione (valvole termostatiche).

Il consumo involontario è costituito dalle dispersioni delle reti di distribuzione del riscaldamento e dell’acqua calda sanitaria, che sono indipendenti dalle azioni del singolo utente e dalla quota di riscaldamento di cui involontariamente il condomino confinante beneficia.

 

Il prelievo involontario è ripartito in base ai “millesimi di riscaldamento” di una nuova tabella redatta che tenga in considerazione di parametri tecnici sulla dispersione all’interno della centrale termica e all’interno di ogni singola unità abitativa.

 

DISTACCO DAL RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO

 

La legge 10/91: Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.

Nasce con l'intento di razionalizzare l'uso dell'energia per il riscaldamento, si propone  di regolamentare il settore termotecnico

 

Nel contesto di un piano energetico nazionale, il legislatore comincia a dividere l'Italia per aree geografiche, in zone climatiche classificandole con periodi precisi di esercizio (A, B, C, D, E, F): ogni periodo prevede determinate temperature.

 

La legge propone un percorso per la valutazione del bilancio energetico invernale di un edificio in cui vi sono apporti di calore e dispersioni di calore: la loro somma algebrica rappresenta il bilancio energetico.

 

Per far sì che questo bilancio sia attivo (cioè l'interno dell'edificio sia più caldo dell'esterno) è necessario spendere dell'energia per ottenere una determinata temperatura prefissata (21 °C).

La legge impone anche la verifica della "tenuta" dell'isolamento di pareti e tetto al fine di non disperdere calore inutilmente: l'obiettivo è proprio quello di mantenere il più possibile il calore senza disperderlo, per risparmiare energia.

La legge 10/91 impone di redigere a cura di un professionista una relazione tecnica da depositare nel comune dove ha sede l'edificio. Sono soggette tutte le abitazioni; per quelle di nuova costruzione la relazione va redatta e consegnata prima dell'avvio dei lavori di costruzione.

 

Le normative europee tendono al risparmio energetico, quindi la propensione sarebbe quella di centralizzare gli impianti e non distaccare.

 

Inizialmente non era possibile il distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento ma successivamente con il riconoscimento del diritto della “facoltà del non uso”, si è iniziato a tollerare.

Di prassi, il condomino che intendeva distaccarsi, poteva accordarsi in assemblea con gli altri stabilendo una percentuale della quota riscaldamento da pagare (usualmente il 20%) per compensare il “furto di carburante” a discapito delle unità immobiliari confinanti con la propria.

Successivamente con la legge di riforma questo argomento è stato normato. 

La possibilità di distacco può essere derogata dal regolamento condominiale. Però la cassazione con la sentenza 19893 del 29 settembre 2011 poi ribadita anche nella sentenza 11970 del maggio 2017 ha dichiarato questa norma non consona perché l’ordinamento ha dimostrato di privilegiare il contenimento energetico ed inoltre clausola immeritevole di tutela in quanto prevaricazione egotistica di pochi.

Cola riforma del condominio del 2012 il distacco dall’impianto centralizzato è stato disciplinato:

 

Art 1118 [IV] il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.

Le spese che il distaccato deve sostenere sono quelle straordinarie di conservazione e messa a norma dell’impianto, non deve più sostenere quelle relative al carburante.

 Il condominio che si distacca dal riscaldamento può sottrarsi dalle spese d’uso ma dovrà pagare le spese relative alla proprietà (es. manutenzione, centrale termica).

 

Per potersi distaccare, l’interessato solleverà la questione in assemblea portando una perizia dove si palesa che il distacco non comporterà notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. L’assemblea deliberando una contro perizia (ciascuna parte pagherà la propria perizia), potrà verificare se il dichiarato sia vero o no ed in caso negativo potrà inibire il condomino al distacco ma nonostante ciò il giudice potrà comunque autorizzare.

L’assemblea non potrà deliberare come in passato una quota percentuale per il carburante “rubato”.

 

Per le innovazioni volte al contenimento del consumo energetico se è presente un certificato di innovazione energetica si approva con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino 1\3 dei mm.

Se non c’è una certificazione si delibera con la maggioranza del 1136 [II].

 

Le normative europee tendono al risparmio energetico, quindi la propensione sarebbe quella di centralizzare gli impianti e non distaccare.

 

9 gennaio 1991 n.10 art. 26 punto 2: per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno 1\3 del valore dell’edificio.

 

Ex legge 90/2013 di conversione D.L. 63/2013: obbligo per i nuovi impianti – caldaie autonome, che la canna fumaria arrivi fin sopra il tetto dell’edificio.

 

Scarico a tetto e a parete: novità dal 1 settembre 2013

Per impianti termici installati ex novo a partire dal 1 settembre 2013 - in tutte le tipologie di immobili - vige l'obbligo di scaricare a tetto. Deroghe previste solo per: sostituzioni di impianti aventi scarico a parete (o in canna ramificata) già esistenti prima del 1 settembre; nel caso di case storiche/stabili vincolati; di fronte all'impossibilità tecnica di sbocco a tetto, asseverata da un progettista. In tali casi, è ammesso lo scarico a parete, purché s'installino generatori di calore a gas (secondo norme UNI) ad alta prestazione energetica e basse emissioni.


 

Tipologie di scarico fumi caldaia

 

"Gli impianti termici installati successivamente al 31 agosto 2013 devono essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione, con sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente.

9-bis. E' possibile derogare a quanto stabilito dal comma 9 nei casi in cui:

1.       si procede, anche nell'ambito di una riqualificazione energetica dell'impianto termico, alla sostituzione di generatori di calore individuali che risultano installati in data antecedente a quella di cui al comma 9, con scarico a parete o in canna collettiva ramificata;

2.       l'adempimento dell'obbligo di cui al comma 9 risulta incompatibile con norme di tutela degli edifici oggetto dell'intervento, adottate a livello nazionale, regionale o comunale;

3.     il progettista attesta e assevera l'impossibilità tecnica a realizzare lo sbocco sopra il colmo del tetto.

9-ter. Nei casi di cui al comma 9-bis  è obbligatorio installare generatori di calore a gas che, per valori di prestazione energetica e di emissioni, appartengono alle classi 4 e 5 previste dalle norme UNI EN 297, UNI EN 483 e UNI EN 15502, e posizionare i terminali di tiraggio in conformità alla vigente norma tecnica UNI 7129, e successive integrazioni.

In sintesi, rispetto alla precedente norma (per la Legge n. 221/2012, si veda box a fondo pagina), vanno rilevate le seguenti modifiche:

·          l'obbligo di scaricare a tetto, in via generale, ora è esteso a tutte le tipologie di edifici, anche, ad esempio, a villette unifamiliari (non solo più quindi agli "edifici costituiti da più unità immobiliari");

·         prima, si poteva scaricare a parete se s'installava una caldaia a condensazione; ora, sono indicati tre casi specifici in cui è possibile scaricare a parete, rispettivamente: se si va a sostituire l'impianto con uno già esistente prima del 1 settembre 2013 che già scaricasse a parete o fosse allacciato a canna collettiva ramificata; se lo scarico a tetto risulta incompatibile con norme di tutela degli edifici; se si dimostra, con un'asseverazione del progettista, che è impossibile tecnicamente realizzare uno sbocco a tetto;

·         lo scarico a parete, ammesso solo per i casi in deroga, è previsto purché gli impianti siano di classe 4 e 5 stelle nel rispetto delle norme UNI EN 297, UNI EN 483 e UNI EN 15502 e delle prescrizioni della UNI 7129:2008 (posizionamento dei terminali di tiraggio, distanze da balconi e finestre, aperture di aerazione/ventilazione). Non compare più l'obbligo, come invece veniva riportato nella precedente normativa, di ricorrere esclusivamente alla specifica tipologia di caldaia a condensazione. In merito al rendimento della caldaia è però da tenere ben presente quanto indicato dal Ministero delle Attività Produttive con propria nota prot. 0024957 del 18/12/2013. Rispondendo a a dei quesiti specifici indica che oltre ai requisiti previsti dalle norme UNI EN 297 devono essere rispettati anche i valori di rendimento minimi calcolati secondo la formula 90+2log (Pn).

 

 

Maggioranza per il distacco

 

Con la sentenza n. 862/2015, la Corte di Cassazione ha confermato la nullità della delibera del condominio che, in assenza del consenso unanime dei condòmini, ha deciso per la dismissione dell’impianto di riscaldamento centralizzato e la trasformazione in impianti autonomi.

 

Non basta infatti la sola maggioranza qualificata a rendere legittima la delibera. I condòmini contrari alla dismissione dell'impianto centrale, e che quindi sono costretti a spese non volute o non preventivate, hanno diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla soppressione del servizio comune che li ha privati dell’uso dell’impianto di riscaldamento.

 

 

 

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